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I VERI NODI DEL SALVATAGGIO DELLE 4 BANCHE: III – L’ASSETTO DEI CONTROLLI PUBBLICI B) LE AUTORITA’ DI CONTROLLO LA STRUTTURA DEI CONTROLLI Featured

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Dopo l’esatta enucleazione dei valori da tutelare e delle regole da introdurre, si può passare a verificare il ruolo delle Autorità di controllo. Nel settore dell’intermediazione finanziaria di investimento in strumenti finanziari, la distinzione attuale è tra controlli di stabilità, in capo a Banca d’Italia, e di trasparenza, correttezza e diligenza, in capo a Consob. Nel concreto, i secondi controlli sono stati sacrificati ai primi e la stessa Consob ha assunto un ruolo volutamente ed autonomamente dimesso, rendendo la trasparenza un valore sostitutivo della correttezza e di ogni profilo di controllo sostanziale. E pure della trasparenza si è fornita un’interpretazione estremamente restrittiva e riduttiva proprio in materia di strumenti derivati, che sono la forma di investimento più rischiosa. Ciò dipende non dalle norme, formulate correttamente, ma dalla loro concreta attuazione.

Le Autorità di controllo si sono fatte carico di profili di stabilità e di solidità del sistema, il che di per sé è anche intrinsecamente meritorio, ma arrivando all’estremo, in modo da frustrare gli stessi obiettivi perseguiti di stabilità e solidità, visto il nesso stretto ed indissolubile con gli altri valori. Ebbene, l’omissione, od anche solo l’insufficienza, di controlli, di trasparenza e di correttezza, non espone le Autorità a responsabilità, in quanto il sacrificio della correttezza e della trasparenza è andato a favore –pur solo preteso- di altri valori pubblici e così si è trattato non di devianza ma di cattivo funzionamento del sistema complessivo, a partire dalla politica, in modo che non è possibile imputare gli effetti alle Autorità od anche solo a qualcuna di esse. Occorre evidentemente un’inversione di tendenza che investa tutto il sistema. In tale ottica, il punto di partenza deve essere costituito da una rivalutazione del profilo oggettivo delle operazioni: ora l’impianto normativo è interpretato ed applicato nel senso dell’esaustività del profilo soggettivo, con ricerca ed enucleazione corretta del profilo di rischio effettivo del cliente. Ciò mentre invece occorre individuare a monte il vero profilo oggettivo e così individuare le operazioni intrinsecamente illecite e sancirne senza meno la nullità ed a monte impedirle. E’ una problematica che era già emersa negli anni ’80, con l’intervento meritorio della Consob grazie ad uno dei suoi Presidenti più discussi, Franco Piga, mentre la dottrina maggioritaria era attestata su posizioni contrarie, con poche eccezioni, tra cui lo scrivente. Tra le operazioni illecite degli ultimi tempi si notino l’emissione di obbligazioni bancarie con tasso minore di quello dei Titoli di Stato (caso “a), l’emissione di obbligazioni convertibili in azioni su scelta dell’emittente (caso “b”), l’emissioni di obbligazioni subordinate (caso “c), l’offerta di derivati rovinosi (caso “d), e così via.

L’operazione dominante ritiene, invece, che tali operazioni siano lecite a meno che non siano offerte in modo scorrette. Si deve replicare che in tal modo, si snatura l’essenza del risparmio nel momento in cui si perde il nesso tra rendimento atteso e rischio corso e questi prescinde totalmente dal primo, e ciò non può essere ammesso solo perché il risparmiatore lo ha accettato: nel caso “a” il risparmiatore sceglie un titolo obbligazionario con rischio superiore di quello dei titoli di stato al fine di ottenere un rendimento superiore ed invece si trova, per la configurazione abusiva del contratto, un tasso di interesse inferiore; nel caso “b” il risparmiatore sceglie un titolo dal rischio medio-basso e a scelta dell’emittente si trova esposto all’aumento fortissimo del rischio; nel caso “c” il risparmiatore sottoscrive titoli di un’operazione di massa simulata, con cui la banca emette titoli di partecipazione al (proprio) rischio di impresa facendo leva sull’equivoco della natura obbligazionaria; nel caso “d” si offrono operazioni e posizioni rovinose con rischio totalmente sproporzionato rispetto al rendimento. Si snatura così l’essenza del risparmio, che è un valore costituzionale fondamentale, consumando un gravissimo illecito. A questo punto, il problema del rapporto tra le due Autorità, se riunire tutti e due i tipi di controlli in Banca d’Italia, o rinforzare la Consob, od addirittura crearne una terza, vista la debolezza della stessa Consob, è irreale e irrilevante, in quanto il vero nodo è quello di esaltare e rendere i controlli di correttezza autonomi e di pari dignità rispetto ad altri, il che può essere realizzato solo svincolando la stabilità dal protezionismo e rendendo la prima quale tutela dell’efficienza bancaria abbandonando ogni altro criterio e così rimettendo la salvaguardia della forza del sistema bancario alla politica economica. Quale che sia l’assetto che sarà scelto, quello che è certo è che Banca d’Italia deve essere (“rectius”, rimanere) l’autorità se non unica comunque principale, eventualmente con l’altra di completamento e di verifica critica ma non sullo stesso piano.

La garanzia dell’autonomia dei controlli di trasparenza e di correttezza deve essere raggiunta sul piano reale ed effettivo dei contenuti. Ciò chiarito, occorre passare all’ambito dell’attività bancaria ordinaria, dove sono sorte le crisi che sono sfociate nel dissesto delle 4 banche: i controlli devono essere finalizzati, esclusivamente, alla salvaguardia della stabilità intesa come efficienza. Si può così arrivare ad un punto conclusivo sull’assetto istituzionale delle Autorità: il rapporto tra vigilanza bancaria, nelle forme diversificate viste, autorità monetaria e struttura di governo del credito è dialettico ma gli stessi devono essere esercitati unitariamente, vista la centralità della banca nel sistema economico, centralità che richiede un interlocutore pubblico (almeno a livello principale) unico: ed infatti, controlli di stabilità bancaria, funzioni monetarie e governo del credito sono tra di loro indissolubilmente legati, investendo i tre profili essenziali dell’essenza della banca. Necessario è che vi sia distinzione di funzioni, da coordinare tra di loro. Banca d’Italia è Autorità di controllo indipendente ma svolge anche attività di controllo monetario con profili di politica economica ed anche svolge funzioni di governo del credito che hanno una rilevanza di politica economica. Nelle prime due è Autorità amministrativa indipendente, con autonomia in senso assoluto, mentre nel caso di politica economica è sempre autonoma ma solo in via di esecuzione delle linee generali stabilite dal(titolare del)l’indirizzo politico generale. I compiti non possono essere separati, come detto, ma la garanzia di un corretto esercizio di ciascuno dei tre è fornita dall’imperatività della funzione, e da una ridefinizione dell’assetto del Governo dell’economia, in modo da rendere effettiva l’autonomia, salvaguardandola con maggiori guarentigie, ma assicurando nel contempo il contemperamento con le altre funzioni. E’ la necessità di elaborare una Costituzione economica, non di riforma della stessa ma di approntamento di un assetto istituzionale in grado di fornire attuazione dell’art. 47 e dell’art. 41 dell’attuale Costituzione. E’ un assetto istituzionale che si deve basare su alcuni principi: da un lato, la necessità di una politica economica nel cui ambito si deve inserire la tutela del risparmio, come componente non autonoma ma dotata di un nucleo centrale da non sacrificare (così come il lavoro); ciò abbandonando sia il liberismo sia –non necessariamente incompatibile con il liberismo stesso- un intervento dei pubblici poteri nell’economia improvvisato e frammentato; dall’altro, fissando i rapporti tra titolari dell’indirizzo politico ed Autorità di controllo, e nell’ambito di queste tra Autorità amministrative indipendenti ed Autorità Giudiziaria.