Print this page

LA POLITICA DELLA DOMANDA IN KEYNES:SPUNTI PER UN’ANALISI MARXISTA Featured

  • https://www.facebook.com/groups/136502669790482/
Nel vuoto di politica economica della sinistra, l’unico punto di riferimento sembra essere la politica della domanda keynesiana, con il ruolo centrale degli investimenti pubblici. Sul “Manifesto” si è recentemente evidenziato che la politica della domanda richiede il sostegno del reddito dei ceti bassi, che sono, per condizioni materiali, quelli maggiormente propensi al consumo. Di qui la necessità della tutela del reddito e del posto di lavoro di tali ceti, con l’eliminazione del precariato ed il ripristino del divieto ingiustificato di licenziamento di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. E’ una lettura di Keynes corretta ma parziale. Trascura che in Keynes, quale terzo corno della politica della domanda, oltre agli investimenti pubblici ed al sostegno del reddito dei ceti bassi, vi è il controllo penetrante della finanza con il fortissimo ridimensionamento della speculazione. La centralità ed illimitatezza della speculazione finanziaria, di cui al capitale finanziario, elimina o comunque riduce al minimo gli investimenti pubblici, perché elimina il sostegno del debito pubblico e rende la spesa pubblica quale pressoché solo per interessi, e guidando l’economia rende il lavoro privo di capacità di negoziazione e di capacità di condizionamento, poiché il profitto non ha più fonte prevalentemente produttiva. Keynes è superato –nonostante il tentativo di Minsky di qualche decennio fa di farne l’architrave di una nuova dimensione sociale del capitalismo-, perché l’instabilità del capitalismo da lui stesso intuita si è trasformata in mancanza totale di equilibrio dovuta allo svincolo del profitto dall’industria e dalla produzione. La speculazione finanziaria è diventata non solo la componente principale della finanza ma la sua essenza e così addirittura l’essenza dell’economia. essendo la finanza stessa il vero centro del capitale Dall’instabilità si è passati alla crisi permanente ed addirittura allo squilibrio totale. Ma non solo: dalla creazione di valore e dalla sua distribuzione si è passati alla creazione di valore esclusivamente mediante distruzione di altro valore. Il controllo della finanza non è più sufficiente ma è necessario ripristinare la legge del valore, e trovare un valore economico intrinseco di natura assoluta, diverso così dall’incontro tra domanda ed offerta. La finanza e la speculazione, pur necessaria, devono essere ricondotte nella legge del valore. L’individuazione del valore assoluto nel lavoro non è anch’essa più sufficiente, in quanto il valore assoluto nella fase del capitale finanziario riceve modifiche radicali rispetto alla fase industriale. In definitiva, la teoria di Keynes rappresenta la risposta a Marx in direzione di un tentativo di razionalizzazione del sistema nella sua fase industriale, di cui vanno corrette le punte estreme irrazionali. Keynes non è più utilizzabile nella fase del capitale finanziario se non come indicazione della possibilità di un capitalismo in cui il peso si sposti dalla finanza all’‘industria e in tale ambito vi sia una mediazione tra capitale e lavoro. Ma è una prospettiva anch’essa non più sufficiente ed addirittura fuorviante perché da un lato il capitale non è in grado di reggere mediazioni e dall’altro perché la sua caratterizzazione finanziaria è irreversibile. Occorre in conclusione un’ipotesi riformista più radicale in cui il peso si sposti dal capitale al lavoro ed in cui la finanza sia diretta “ab externo”, e così, quale forza economica dominante, trovi una direzione pubblica coercitiva. Ma il capitale concederà mai ciò? E’ necessario al riguardo un elemento devastante esogeno, intorno a cui articolare un progetto, ma al momento non facilmente individuabile, nemmeno in prospettiva (la c.d. teoria degli economisti radicali americani dell’“accelerazione” della crisi fa emergere solo il problema ma non la soluzione). Ma non solo: in fase di delocalizzazione, dematerializzazione e globalizzazione, dove si trova lo spazio per una direzione pubblica?. I risultati di un’analisi marxista che si prospetta sono evidentemente insufficienti. Ma è bene, al momento, accontentarsi di una diagnosi, rinviando la terapia ad una fase