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SAVONA O DRAGHI?

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) IL VERO NODO DELLA POLITICA DELLA DOMANDA. POLITICA ECONOMICA CONTRO DISORDINE ECONOMICO II) POLITICA EUROPEA CONTRO LATITANZA EUROPEA di FRANCESCO BOCHICCHIO I) I “PRO” ED I “CONTRA” DELLA POLITICA DELLA DOMANDA Draghi ha recentemente incontrato Mattarella esprimendosi contro la manovra economica del nuovo Governo italiano, alla cui base vi è la progettazione di Paolo Savona. Il primo punto fondamentale è proprio questo: due grandi economisti, di grande valore ed al di sopra di ogni sospetto, sostengono due visioni opposte, non solo teoriche, ma anche di politica economica, non solo potenziale ma addirittura attuale ed effettiva. Draghi ha salvato l’Europa con il QE, con acquisto in massa di titoli di Stato da parte della BCE, e facendo introdurre una normativa in grado di consentire di bloccare la speculazione finanziaria e la stipula di “Credit Default Swap” contro gli Stati deboli. Da un lato è la politica dell’offerta di sostegno all’economia ed alle imprese. Dall’altro ha salvato l’Italia ed ha anche mostrato la possibilità di intervenire contro la speculazione finanziaria quando tale da alterare i mercati finanziari. Coerentemente con il primo punto, non ha ritenuto di intervenire sulla politica industriale e sulla distribuzione del reddito. In relazione al secondo punto, non ha ritenuto nemmeno di effettuare un intervento organico sulla speculazione finanziaria. Sempre sul secondo punto, è stato anche responsabile della mancata opposizione all’introduzione della normativa “bail-in” che ha vietato -o comunque fortemente limitato- il salvataggio di banche agli Stati deboli, ponendoli conseguentemente in ginocchio, in quanto non in grado di risollevarsi senza un settore bancario solido. Savona sostiene la politica della domanda, con supporto dei ceti deboli, riqualificazione del debito pubblico e controllo della speculazione, ponendo le basi per un rilancio degli investimenti. Draghi ha grandi meriti: è stato sì il salvatore dell’economia italiana, ma solo quale riempitore di buchi. Savona propone una nuova politica economica in grado di assicurare il rilancio, ma anche di arrivare alla soluzione di problemi atavici, come il debito pubblico e il controllo sistematico sulla speculazione finanziaria, dalla quale può venire il sostegno del settore bancario. La sua non è politica assistenziale, ma all’esatto contrario si concretizza nel conferimento di mezzi finanziari ai ceti deboli che si colloca in un’ottica di investimenti pubblici e privati atti a sostenere la domanda, con intervento sul debito pubblico in termini di forte riduzione e riqualificazione, ed in un intervento correttivo sulla speculazione finanziaria in termini di riqualificazione dell’attività bancaria. Pertanto, al contrario dell’assistenzialismo, pone le basi per un rilancio forte e con accentuata riqualificazione degli investimenti, ma, a differenza della politica dell’offerta, ritiene centrale non il sostegno alle imprese ma quello ai ceti deboli. Ovviamente resta fermo il problema degli investimenti, dove non si può prescindere dalle imprese, in quanto gli investimenti pubblici sono il volano ma non sono esaustivi, ed un intervento pubblico nell’economia ha, soprattutto in questo momento di crisi dei debiti pubblici, dei limiti invalicabili. Savona è di ciò consapevole e non a caso parla di integrazione tra investimenti pubblici e quelli privati e a monte di integrazione tra politica della domanda e politica dell’offerta. Le cose non stanno in questi termini: politica della domanda e politica dell’offerta sono tra di loro incompatibili e l’una esclude l’altra. Il sostegno alle imprese presuppone un’estrema ed incontrollata libertà di queste nell’effettuare gli investimenti penalizzando la domanda interna e gli altri fattori produttivi. Solo la politica della domanda può indirizzare gli investimenti privati con una politica industriale ed una programmazione economica pubblica che eliminino distorsioni. La politica industriale e la programmazione economica sono elementi essenziali per la politica della domanda, mentre sono affatto incompatibili con la politica dell’offerta. La politica industriale e la programmazione economica sono come noto al di fuori della teoria di Keynes, che riteneva che gli investimenti sarebbero venuti automaticamente da una politica della domanda e da interventi mirati, essendo la speculazione finanziaria suscettibile di controlli politici adeguati. Tale assunto si è rivelato del tutto velleitario, in modo che si rivela necessario un intervento pubblico stringente sull’economia. Discorso diverso è se Savona riuscirà a condurre a termine il suo progetto e se la maggioranza che lo sostiene non resterà in preda dell’assistenzialismo. Segni negativi ve ne sono e tanti. Atteggiamenti penalizzanti nei confronti del mondo bancario rivelano un mero populismo ed una mera demagogia senza quella profonda riqualificazione e ristrutturazione del settore finanziario invece necessaria. Che in molti puntino a risolvere il tutto con una politica protezionistica è un sospetto forte, confermato dall’adesione alla manovra economica da parte dell’ex Governatore Fazio, contraddistintosi in tal senso e da sempre contrario ad una politica industriale e soprattutto ad una programmazione pubblica: fu uno dei giovani economisti di Banca d’Italia che negli anni del primo centrosinistra più efficacemente supportò Guido Carli nel contrastare la programmazione economica di Riccardo Lombardi e della sinistra socialista. Non si tratta quindi di sposare la linea del Governo: ben diversamente, si tratta di apprezzare come dietro tale linea vi sia una politica economica coerente ed imporante che può anche benissimo essere alla lunga disattesa dallo stesso Governo ma che certamente rappresenta un elemento di novità salutare in quanto introduce una problematica fondamentale per la sinistra. Che anche nell’atteggiamento di Savona vi siano profili da chiarire e comunque non condivisibili è pacifico e non a caso Savona è e resta sempre un liberale, critico sì ma da sempre alieno alla sinistra. Sta di fatto che la sinistra dovrebbe cogliere tale, irripetibile, occasione per aprire una discussione, apportare modifiche e predisporre un progetto politico coerente e sistematico idoneo ed in grado di offrire al populismo non nazionalista una sponda ed addirittura una via di uscita alternativa.