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IL “REFERENDUM” SULLA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI: QUALE VOTO? E POI IL VOTO E’ CONTRO LA CASTA O A FAVORE DELLA RAPPRESENTANZA E DELLA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE? Featured

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Il voto “referendario” sulla conferma della legge di riforma costituzionale che riduce il numero dei Parlamentari è destinato a suscitare ampie polemiche in quanto ha una grande portata giuridica e politica. E’ un “referendum” confermativo di una legge di riforma costituzionale emanata a maggioranza semplice e non con due terzi ed è previsto dall’art. 138 Costituzione. Presenta un quesito semplice ed univoco e i cittadini hanno ben chiaro il significato del voto. Le polemiche di metodo sul “referendum” sono fuori luogo, in quanto è giusto ed anzi doveroso e conforme a Costituzione che il popolo sovrano si esprima in merito. Il numero dei Parlamentari è previsto in Costituzione e la modifica costituzionale è conforme alla procedura prevista dalla Costituzione. A differenza di tutte le altre modifiche costituzionali è inoltre da un lato semplice e dall’altro tale da non incidere sulle funzioni degli Organi Costituzionali: a differenza dei tentativi Berlusconi e Renzi, non indebolisce le funzioni del Parlamento. La lesione della rappresentanza delle zone più deboli può essere agevolmente sanata con una modifica della legge ordinaria sulla composizione delle circoscrizioni elettorali. In definitiva, non incide sulla forma di Stato. Ha un significato solo politico sulle modalità di funzionamento del Parlamento e non sul suo ruolo: ma qual è tale significato politico? La risposta sembra semplice: esso è un voto contro i costi della casta politica e contro i privilegi di questa. Sembra un voto di natura populista e anti-istituzionale. Ad un’attenta analisi il discorso si fa ben più complesso. L’attuale Parlamento adempie alla sua funzione rappresentativa? E se la risposta è negativa, come si può intervenire? E’ evidente che la risposta è negativa, in quanto il Parlamento è un simulacro in mano alle Segreterie dei Partiti, senza dialettica se non in caso di cambio di casacca. Se così è -e si ripete che effettivamente così è-, il vero problema è non di costi ma di ridare vita al Parlamento e di innescare il circuito corretto di rappresentanza democratica. Ebbene, per fare questo, sembrerebbe un controsenso indebolirlo ulteriormente con la riduzione del numero, ma le cose non stanno così. Il vero nodo è di lanciare un chiaro messaggio di insoddisfazione per il degrado del Parlamento, in modo da attivare il rilancio. E’ ovvio che l’insoddisfazione può essere manifestata solo con il taglio dei Parlamentari, mentre la conferma del numero rappresenterebbe al contrario un segno di approvazione. Che invece il messaggio venga letto come attacco alla casta in senso populista è altro discorso, in quanto si tratta semplicemente di una cattiva ed erronea impostazione del problema. Ed infatti -occorre ribadire con forza che- il problema è non il costo del Parlamento, ma il suo buon funzionamento. Un costo elevato non è garanzia del buon funzionamento: ed infatti, attualmente, i Parlamentari, tanti o pochi che siano, non sono in grado di essere rappresentativi. Di qui la necessità assoluta di lanciare una modifica per un cambiamento totale del loro ruolo e del loro comportamento. Il sì al “referendum” è una condizione imprescindibile del mutamento: non è sufficiente, ma è necessaria. Senza il sì non cambia nulla: dopo il sì e solo dopo il sì, è possibile il cambiamento, ma quale? Ebbene, l’unico cambiamento possibile è che il Parlamento ritorni interprete della rappresentanza e depositario della fiducia popolare. Come si è detto occorre in via preliminare prendere atto della bocciatura del ruolo finora svolto. Per il ruolo futuro, occorre evidenziare che il potenziamento del Parlamento non passa né per una sovrapposizione di ruoli rispetto al Governo né per una propria posizione subordinata rispetto a questi. E’ così chiaro che il voto “referendario” acquisisce un’enorme rilevanza anche giuridica, vale a dire attinente alla struttura della Costituzione, ma non incidendo su di essa, bensì mostrando che il Re è nudo e che la struttura di democrazia parlamentare disegnata dalla Costituzione non è dotata di effettività. Per la prima volta è una modifica che si pone nel senso della realizzazione della Costituzione, che è e resta la più bella del Mondo, di tutti i tempi. Il Governo deve operare in autonomia e pertanto essere provvisto di una maggioranza stabile: di qui la necessità di un meccanismo elettorale maggioritario a doppio turno. Il Parlamento, ridotto sensibilmente nel numero e con i pochi Parlamentari effettivamente responsabilizzati, deve controllare il Governo e verificare il rispetto del mandato popolare. Niente mandato imperativo ma libertà assoluta ed insindacabile di esercizio dello stesso mandato, e nello stesso tempo assoluta trasparenza sul mandato ottenuto e su quanto effettuato anno per anno per rispettarlo. Ogni anno ciascun Parlamentare deve essere tenuto a rendicontare il proprio operato, evidenziando, sui singoli punti, se ha rispettato il mandato ricevuto, e spiegando le ragioni dell’eventuale mancato rispetto: in mancanza di dichiarazioni non veritiere vi è un reato, da codificare preventivamente, vale a dire falsità nella rendicontazione del mandato popolare ricevuto. In sintesi, il Governo deve operare con assoluta libertà, sulla base della fiducia parlamentare, fiducia scontata in quanto è il Capo Governo che domina la maggioranza parlamentare: il dominio viene meno se i singoli Parlamentari lamentano il tradimento del mandato popolare, mandato popolare che li rende responsabili politicamente ed in caso di inganno del popolo anche penalmente. Conseguentemente, il Parlamento, proprio nella maggioranza parlamentare e nella capacità dell’opposizione di pungolare la stessa maggioranza per l’appunto in relazione al mandato di cui questa è stata investita al momento del voto, si trasforma in controllore del Governo, vale a dire acquisisce la natura che dovrebbe già appartenergli. Il Parlamento diventa così, con le modifiche di legge ordinaria -meccanismo elettorale a doppio turno- e costituzionale -previsione dell’obbligo di rendiconto annuale dell’esercizio del mandato, con fissazione della sua natura penalistica, da attuare a proprio volta mediante altra legge ordinaria- che discendono in via naturale e di coerenza costituzionale dall’auspicato voto favorevole al “referendum”, l’effettivo interprete del popolo e strumento della sovranità popolare. Si realizza un doppio binario di Governo e di controllo, con il controllo che ove efficace, con la responsabilità politica e giuridica dei Parlamentari, rende l’azione del Governo non autonoma dalla volontà popolare. Il controllo, se nel tempo diventa effettivo e stringente, alla lunga può trasformarsi in funzionalizzazione dell’azione del Governo alla volontà popolare, in modo da rendere effettiva e attiva, e non solo difensiva, la sovranità popolare. Con il Parlamento primo custode della Costituzione -mentre il ruolo del secondo, vale a dire la Corte Costituzionale, sarà fatto esplodere in un successivo intervento dello scrivente-, si respinge definitivamente ogni tentativo di Presidenzialismo e di “Premierato” e si rende effettiva e forte la democrazia parlamentare, ora solo fragile e traballante: proprio per questo Sabino Cassese ed Angelo Panebianco votano no, mentre lo scrivente vota sì. Lo scrivente comunica che è stato nominato Consigliere di Amministrazione del Monte dei Paschi di Siena, che è una banca quotata in borsa e ed è partecipata in via di maggioranza dal Ministero dell’Economia e Finanze. Pertanto, lo scrivente ritiene, per correttezza e trasparenza, di non destinare più al pubblico sia articoli sia altri scritti a titolo di commento. Gli stessi possono essere letti da chi è interessato esclusivamente come componenti di futuri libri di natura dottrinale, in materia giuridica, filosofica, politica, economica e storica: non sono -e non saranno- in alcun modo riferiti all'attualità.