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I DERIVATI CON LO STATO

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Il Ministero dell’Economia, di fronte alle pressanti richieste di settori dell’opinione pubblica, soprattutto di quelli legati al Movimento5Stelle ed a “Il Fratto Quotidiano”, ha negato la consegna e la diffusione di copia dei contratti derivati tra lo Stato italiano, in essere per il tramite di tale Ministero, e banche d’affari internazionali. Si tratta di diniego del tutto surreale ed in contrasto con la normativa. L’offerta al pubblico di strumenti derivati è un’attività di servizi di investimento in strumenti finanziari, riservata a banche e S.I.M. e soggetta a particolari e pregnanti controlli di stabilità, trasparenza e correttezza, affidati alla Consob. In tale ottica, il contratto deve rispondere a certi principi e criteri ed anche quando sviluppato con clienti esenti da alcune forme particolari esigenze di tutela, massime clienti istituzionali quale lo Stato italiano, deve sempre essere finalizzato all’interesse dei clienti. E ciò è inevitabile, quale una caratteristica essenziale degli investimenti in strumenti finanziari: basti pensare, al contrario, ai depositi bancari, dove la somma di denaro passa di proprietà alla banca, obbligata a restituire il “tantundem” maggiorato di interessi ad un tasso predeterminato. Il cliente è sicuro di avere indietro la somma oltre gli interessi tranne che in caso di dissesto della banca debitrice, la quale impiega le somme ricevute a proprio beneficio e rischio, in fidi ed in operazioni di tesoreria.

Oltre ai controlli di stabilità, non vi sono altri controlli a tutela dei risparmiatori, se non quelli di trasparenza sulle condizioni economiche praticate dalla banca. Controlli sui crediti, oltre ai profili di stabilità, non sono a tutela dei risparmiatori, in quanto i crediti incidono solo sull’interesse della banca. Nei servizi di investimento, al contrario, le somme investite restano di proprietà dei risparmiatori, che corrono il rischio e beneficiano degli utili, mentre l’intermediario che cura gli investimenti eseguendoli od addirittura scegliendoli ha l’unico interesse ad una commissione predeterminata e non può avere altro interesse che si ponga in contrasto, anche potenziale, con quello del cliente ad un mix ottimale del nesso rischio/beneficio. Negli investimenti in conto proprio –negoziazione in conto proprio, forma questa in cui sono conclusi i derivati, collocamento con preventiva sottoscrizione od acquisto a fermo-, dove l’intermediario è controparte del cliente, l’interesse dell’intermediario autonomo rispetto a quello del cliente ed addirittura in contrasto con esso è inevitabile, ma la circostanza che il cliente investe sempre per conto dell’intermediario obbliga questi a soddisfare il proprio interesse senza trascurare quello del cliente. Sono pertanto richieste una serie di condizioni circa la liquidabilità e l’oggettività del prezzo del titolo, ed in ogni caso l’intermediario deve contemperare tra di loro i due interessi in partenza contrapposti.

Proprio l’imperatività della tutela del cliente comporta il controllo della Consob sui contratti: il controllo della Consob è di natura pubblicistica ed è inderogabile. Una rinunzia del cliente a perseguire i propri interessi, configurabile in ambito ristretto -non potrebbe infatti essere esercitata in contratti illeciti, in cui l’interesse del cliente venisse leso in modo grave ed irreparabile, art. 1972 c.c.-, non avrebbe valore per i controlli pubblici. Pertanto, la Consob ha il potere di esercitare i controlli sui contratti dello Stato con le banche internazionali, anche in caso di remora dello stesso Stato a provvedere alla propria tutela. La sovranità statale non può concretizzarsi nella rinunzia alla propria tutela, poiché una rinunzia può investire i valori privatistici dello Stato, ma non i principi ed i valori essenziali, quale quello a (il controllo su) un corretto esercizio dell’attività dei servizi di investimento sul proprio territorio. La consegna del contratto dello Stato con le banche internazionali non può pertanto essere negata in seguito ad una richiesta della Consob: la richiesta della Consob, obbligatoria in presenza di seri dubbi quali quelli prospettati, ha come destinatarie le banche internazionali. Una volta ottenuta la copia, se emergono gravi dubbi di illecito, la Consob ha l’obbligo di avviare un procedimento sanzionatorio nei confronti delle banche, sottoposto ai profili di trasparenza propri dei procedimenti Consob. Nel caso di sanzione della Consob nei confronti delle banche estere, si porrebbe certamente un problema politico del perché lo Stato non abbia attivato autonomamente il procedimento Consob e non abbia provveduto alla propria tutela. Le risposte sarebbero imbarazzanti e getterebbero luci inquietanti sugli aspetti giuridici ed istituzionali del (la fase del dominio del) capitale finanziario. Ma di questo imbarazzo non si può evidentemente far carico la Consob, tenuta per legge ad attivare detti controlli.