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I VERI NODI DEL SALVATAGGIO DELLE 4 BANCHE: III – L’ASSETTO DEI CONTROLLI PUBBLICI C) LE AUTORITA’ DI CONTROLLO E LA CRISI DELLE ISTITUZIONI Featured

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Non si può pensare ad un assetto corretto delle Autorità di controllo se non ci si sofferma sull’attuale fase di patologia. Banca d’Italia ha perso autorevolezza perché le condizioni della sua preminenza nel sistema italiano, anche di fronte alla politica, alle grandi imprese, al Vaticano ed addirittura alle potenze estere, sono cambiate; non vi è più la mano pubblica delle grandi banche, l’attività di investimento si è sviluppata ed addirittura esplosa, creando profonde commistioni con l’attività bancaria, commistioni diventate croniche, e poi con gli illeciti sono compiuti non solo dagli intermediari marginali ma anche e soprattutto dai grossi gruppi. Banca d’Italia ha così perso autorevolezza, il tutto aggravato da situazioni discutibili, estremamente limitate tranne che ai tempi di Fazio.

Con la globalizzazione, la crisi economica, e la perdita di autonomia dell’Italia in Europa, Banca d’Italia da un lato ha assunto una posizione di secondo piano rispetto alla BCE e dall’altro ha perso poteri di condizionamento sul mondo bancario ed addirittura economico “tout court”, estero ed interno. Per queste ragioni è improprio –e fuori luogo- parlare di responsabilità di Banca d’Italia: il rigore nella concessione dei crediti si è perduto anche per pressione dell’invito generalizzato, da parte della politica e dell’opinione pubblica, rivolto alle banche per sostenere il sistema industriale. Con questi in crisi e con il ruolo perverso del territorio, il sostegno si è trasformato in lassismo. E’ inoltre ingiusto dimenticare i meriti di Banca d’Italia, che, del resto, da tempo, ha individuato i punti di debolezza nel sistema e proposto, ed ottenuto, sia la riforma del mondo bancario cooperativo, riforma complessa che ha visto anche l’abbandono della forma cooperativa da parte delle grandi imprese, sia il ridimensionamento del ruolo delle fondazioni azioniste, clientelare e inefficace e caratterizzato dal cedimento alla politica deteriore. Da tempo ha inoltre evidenziato la necessità di aggregazioni e di rafforzamento delle banche. Certamente, le si potrebbe imputare di aver sempre difeso il livello di capitalizzazione e di patrimonialità delle banche, evidenziandolo quale adeguato, mentre invece vi è necessità di intervento in tal senso in quanto insufficiente: ma è facile obiettare che altrimenti avrebbe creato e creerebbe il panico con effetti deleteri.

Ora con il “bail-in” e con la (conseguente) possibilità di perdita in capo ai depositanti creditori della banca, la responsabilità civile di Banca d’Italia per lacune nei controlli non può essere esclusa in punto di diritto. Ciò fu già fissato, a livello giurisprudenziale massimo, in virtù di orientamento consolidato della Suprema Corte, nei confronti della Consob per l’attività di investimento in strumenti finanziari, fondatamente visto il collegamento tra controlli pubblici e valorizzazione delle facoltà soggettive degli investitori, ma vi è stata esasperazione, che corre il rischio di creare paralisi del’attività di controllo: a maggior ragione il discorso si porrebbe con Banca d’Italia. Pertanto, la responsabilità penale e civile in capo alle Autorità (quella civile) ed ai suoi esponenti (soprattutto quella penale) dovrebbe essere posta (vale a dire fissata per legge) solo in caso di dolo, in cui far rientrare la colpa cosciente –in cui l’evento è escluso dalla volontà ma ben presente a livello di rappresentazione-.

La Consob, come detto, ha volontariamente escluso la rilevanza del proprio ruolo, rendendosi da sola pressoché superflua, e senza i meriti di Banca d’Italia, ma ciò è dipeso sempre dal clima generale e dalla politica. E i controlli di correttezza devono ritornare ad avere un ruolo centrale. Perché lo hanno smarrito? La risposta è facile. La Consob ha avuto un grande rigore –financo eccessivo- nei confronti dei soggetti che effettuavano la sollecitazione al pubblico risparmio e poi nei confronti degli intermediari in strumenti finanziari per colpire l’abusivismo e le gravi irregolarità, il tutto compiuto dagli operatori marginali, mentre il rigore è sempre stato limitato nei confronti delle operazioni di borsa e dei grandi e stimati intermediari. Quando con l’esplodere del capitale finanziario gli illeciti sono diventati una prerogativa stabile anche degli intermediari di grande livello, il rigore dei controlli di stabilità è scomparso. La funzione ancillare di Consob rispetto a Banca d’Italia ha comunque avuto un senso quando i controlli di stabilità di quest’ultima erano efficaci ed il sistema complessivo basato sul credito era sano. Venuta progressivamente meno questa situazione, tutto il sistema dei controlli è saltato e la Consob si è trovata esposta senza protezione. Ma il venir meno del sistema dei controlli ha comportato una conseguenza ancora più grave: le Autorità amministrative indipendenti hanno smarrito la loro indipendenza, sia rispetto alla politica che sfrutta il momento di loro debolezza per portare avanti la propria politica clientelare senza strategia, sia rispetto all’economia che non sopporta più controlli oggettivi ed imparziali capillari ed efficaci. Ed allora l’eliminazione dei fattori di debolezza delle Autorità amministrative indipendenti deve essere finalizzata a salvaguardare l’indipendenza rendendola realistica ed effettiva, e non a completare l’indebolimento qui descritto, in quanto l’indipendenza è la condizione basilare per rendere il sistema dei controlli funzionale ad un Governo dell’economia in grado di unire programmazione economica, stabilità e correttezza di comportamenti (con inibizione dei conflitti di interesse).