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MACRON E LE ILLUSIONI DEL GOVERNO IN EUROPA Featured

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Macron è diventato una stella politica di prima grandezza, anche in campo internazionale, dopo la visita a Trump, che ha rappresentato un suo vero e proprio trionfo. A dir la verità, il suo discorso celebrato al Congresso americano si si è risolto in due banalità, l’invito a Trump ad abbandonare l’unilateralismo e la condanna dei dazi: banalità sia perché scontate sia perché enunciate senza indicare le contromisure che l’Europa adottererebbe in mancanza di abbandono da parte di Trump. Niente che assomigli ad uno straccio di politica. La conclusione vera è che Macron è stato ben accolto da Trump perché lo ha appoggiato nell’attacco irresponsabile alla Siria a differenza della Merkel: d’altro canto le due condanne di cui sopra hanno lasciato indifferente Trump in quanto prive di vero contenuto e di indicazione, nemmeno a livello prospettico, di misure sanzionatorie.. Macron è un politico mediocre e non è riuscito a dare una politica all’Europa e nemmeno è riuscito a mostrarsi autonomo da Trump. L’Europa non esiste e solo la sapiente sintesi della Merkel tra dominio e mediazione riesce a tenerla in piedi con affanno e non rius8cendo ad impedire che traballi ad ogni occasione, con rischio di schianto al primo scossone. Il dinamismo di Macron. che avrebbe dovuto imprimere una svolta di sostanza, è all’esatto contrario privo di qualsivoglia consistenza. In Italia vi è chi vuole fare un partito alla Macron, unendo i poli moderati del centro destra (in pratica, i berlusconiani) e del Pd (n pratica i renziani), senza rendersi conto che il moderatismo è fuori gioco. Ma il vero punto è un altro: vi è che esalta il regime istituzionale francese con una legge elettorale maggioritaria a doppio turno per nominare, in via separata, sia il Parlamento sia il Capo dello Stato. Ebbene, in altra sede si è mostrato che la legge elettorale maggioritaria a doppio turno è necessaria, ma è da evitare il Presidenzialismo: va quindi spezzettato il sistema istituzionale francese, per prendere solo uno dei due pezzi. Qui è da mostrare che Presidenzialismo da un lato e dall’altro mancanza di maggioranza sono tra di loro succedanei come forme di cedimento al dominio del capitale finanziario con conseguente mancanza di autonomia della politica, il primo come autoritarismo ed il secondo come assenza di governo. Macron incarna la prima forma mentre Renzi e Berlusconi oscillano tra le due. Salvini e Di Maio sono per la politica ma l’uno solo apparentemente in quanto è anch’esso succube del capitale finanziario, incarnando la sua vocazione protezionista –lo scrivente non si stancherà mai di ripetere che protezionismo e liberismo non sono affatto tra di loro incompatibili- a differenza di quella globalizzata di Macron, mentre il secondo non è ancora alternativo. Quello che è chiaro è che l’Europa non ha politica: ma non solo, non è assolutamente possibile una politica moderata, mentre a d’altro canto una radicale è priva di basi solo in quanto non sufficientemente e non veramente radicale. Ciò perché manca una vera politica e si oscilla tra spirito identitario e approccio rinunciatario. La riscoperta dell’autonomia della politica non conduce al leninismo ed alle sue forme analoghe –tanto meno a Schmitt che è stato il vero teorico sistematico della questione ed il cui tributo a Lenin è stato chiarito da Carlo Galli e dal sottoscritto- La politica di cui si vuol scoprire l’autonomia non è un mezzo surrettizio per eludere la crisi della lotta di classe in discussione, come Lenin invece fece comprendendo tale crisi in “L’imperialismo”: ma a ben vedere, nonostante che non in pochi ci siamo illusi sulla crasi tra Marx e Lenin e sull’assunto che il vero erede di Marx fosse Rosa L., occorre ammettere che Lenin ha solo sviluppato con maggiore esplicitazione elementi già “in nuce” in Marx, ed una frase del “Manifesto” in cui la lotta di classe si risolve nella politica è ben eloquente. Il vero erede politico di Marx è Lenin ed occorre disfarsi dell’intera teoria politica di Marx, che non è semplicemente insufficiente in modo grave, come ammonirono a metà degli anni ’70 Bobbio e Colletti, ma è del tutto errata e da abbondonare. All’esatto contrario, l’autonomia della politica qui propugnata è quella in grado di fondare nell’effettività la sovranità popolare –che nulla ha a che vedere con la sovranità nazionale, e quindi quanto qui sostenuto nulla ha a che fare con nazionalismo, protezionismo e “sovranismo”-, che è l’unica base della democrazia e nel contempo la necessaria pre-condizione per rifondare la lotta di classe, ponendola su ben più robuste basi di quelle marxiane, superate dalle dinamiche del capitale finanziario.