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PUNTI FERMI PER USCIRE DALLA CRISI . Featured

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1)non è possibile uscire dalla crisi attuale senza bloccare la speculazione finanziaria e senza ridurre gli insopportabili interessi bancari che oggi gravano sul nostro debito pubblico. Alla speculazione, infatti, non servono “ragioni” ma solo “pretesti” e di pretesti ce ne sono tantissimi per aggredire sino a disintegrare qualsiasi borsa e qualsiasi debito pubblico. Basti pensare che se l’Italia ha un rapporto debito pubblico/PIL del 120%, ne ha uno debito privato/PIL del 40%, mentre questi due rapporti sono entrambi al 100% per Inghilterra e USA! Inoltre, va saputo che pochi colossi finanziari muovono quantità impressionanti di denaro elettronico prendendo di mira all’improvviso questa o quella valuta, piuttosto che titolo o commodity, generando così dei trend che attraggono sulla scia tutti gli altri scommettitori, realizzando ogni volta altrettante “profezie che si autoavverano”. Impossibile in questi casi opporsi. Si può solo aspettare che passi la buriana. Si pensi, ad esempio, che le multinazionali hanno in cassa più valuta di quanta ne abbiano di riserva tutti gli stati del mondo messi assieme e che nel ’93 Amato bruciò inutilmente 50.000 Mld di lire nel vano tentativo di contrastare una massa speculativa mossa da Soros contro lira, sterlina irlandese e peseta di ben…1.000.000 Mld! 2)va poi considerato che 80 Mld annui di interessi sui bot su 500 Mld di entrate statali e 1.590 Mld di PIL netto (2009), vogliono dire avanzi primari annui da 80 mld che vengono criminalmente sprecati in interessi bancari e che costituiscono altrettante finanziarie implicite di cui nessuno parla, usandosi parlare di “finanziarie” solo quando l’avanzo primario non è sufficiente a pagare gli interessi, che, sommandosi gli uni agli altri, diventano nel frattempo capitale. 3)va anche saputo che il debito pubblico nasce a causa della detassazione dei redditi da capitale (12,5%) e dei patrimoni (zero %), che fa gravare tutto il peso delle spese pubbliche sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni (20-43%, quelli medio.-bassi) e sui redditi da lavoro autonomo e da impresa (50-60% in su). Poi, questo debito viene amplificato a causa degli sprechi della casta politico-amministrativa (stimati 25-50 Mld su una spesa pubblica netta di 420 Mld -2009). Infine viene aggravato pesantissimamente dagli interessi sui bot di cui abbiamo già detto, che vengono determinati dai mercati speculativi per via della scelta criminale di vietare per statuto alla BCE di prestare direttamente ai vari Tesoro gli euro che servono per l’acquisto dei bot. Nel concreto, accade che la BCE presta all’1,25% alle banche private questi euro, e poi queste banche li prestano al 6-7% al Tesoro italiano e al 18% a quello greco! Rispettivamente, il 5-6% e il 16-17% solo per fare da intermediarie, e con il paradosso che così alle banche collocatarie conviene pure scommettere contro sé stesse in quanto collocatarie di bot “screditati” onde fare corrispondentemente crescere ulteriormente lo spread! Di qui la feroce opposizione a che si ponga fine a questo ignobile banchetto. Una opposizione che scomoda le menti più raffinate (e meglio pagate) del pianeta per argomentare che un simile salasso non avviene affatto, se avviene è inevitabile e, infine, che ogni norma varata per impedirlo comporta guasti peggiori del rimedio che vuole ovviare. E si pensi pure che mentre gli euro che “presta” la BCE all’1,25% sono creati elettronicamente dal nulla, i sacrifici che vengono gravati sui consumi popolari pubblici e privati aggravano nel medio periodo quel rapporto debito pubblico/PIL che alleviano nell’immediato, perché provocano una contrazione recessiva keynesiana del PIL pari a circa 4 volte ogni “sacrificio” e una contrazione delle entrate tributarie (circa il 40% del PIL) pari a circa 1,6 volte ogni sacrificio/rimborso (sacrifici per 100 volti a rimborsare 100 di debito pubblico provocano infatti una contrazione recessiva del PIL di 400 e una contrazione delle entrate tributarie di 160). Ne discende un pacchetto integrato di riforme del trattato di Maastricht e del WTO, nonchè dell’architettura creditizio-finanziaria della UE. Occorre infatti: a)calmierare gli interessi sui bond e sottrarli alla speculazione internazionale consentendo il prestito diretto dalla BCE ai vari Tesoro degli euro che servono per coprire i bot emessi dai singoli stati. Così si evita il ricorso ai mercati speculativi e si sgrava almeno la differenza tra il tasso di sconto praticato dalla BCE (1,25%) e gli alti tassi che si determinano nei mercati finanziari (circa 70 Mld in meno, sul totale degli 80 di oggi, per l’Italia). b)proteggere le borse europee dalle transazioni speculative attraverso la introduzione del divieto del credito alla borsa e dei derivati speculativi e la introduzione di idonea Tobin Tax che, nei casi più gravi, può diventare anche una Robin Tax. La speculazione, infatti, non ha la minima utilità sociale ed anzi, mentre scoraggia e allontana i risparmiatori, provoca inutili, ingiusti e rovinosi trasferimenti di ricchezza dagli scommettitori che sbagliano le scommesse verso quelli che le azzeccano, con grave distruzione collaterale di ricchezza collettiva quando il trend è ribassista e pericoloso “pompaggio” di bolle speculative, quando il trend è rialzista. In più distoglie progressivamente gli investimenti dalla produzione di beni e servizi e li indirizza verso l’impiego puramente speculativo della ricchezza. c)introdurre ai confini della UE idonei vincoli anti-speculazione a protezione dell’euro, il cui cambio viene così sottratto alle bizze della speculazione e fissarlo centralmente in funzione delle esigenze politico-economiche centralmente/democraticamente decise. Un euro “forte”, infatti, penalizza il nostro export-import allo stesso identico modo in cui lo penalizza una più alta inflazione UE a cambio dell’euro invariato. Perché il saldo export-import non vari al salire dei prezzi interni, basta e serve un euro “vero”, ovvero un euro che venga svalutato o rivalutato ogni volta in misura pari all’eventuale differenziale di inflazione che si registra rispetto alle altre aree valutarie. d)proteggere con adeguati dazi compensativi da welfare ed ecologia il made in UE dalla concorrenza sleale delle multinazionali delocalizzate in aree dove producono sottocosto nel massimo dispregio della natura e dell’uomo, per poi esportare nella UE il 95% della produzione così ottenuta. e)andare alla stipula di accordi per la formazione di aree monetarie comuni più allargate e/o di accordi mercantili bi-multilaterali che regolino l’interscambio restante informandolo al principio del pareggio tendenziale dell’export-import. f)proteggere il settore strategico delle banche commerciali separandolo banca per banca dai rami d’azienda finanziari, almeno per un numero sufficiente di banche private, meglio se nazionalizzando questi rami d’azienda commerciali. g)riassumere il controllo del credito ri-nazionalizzando la Banca d’Italia. h)riformare il nostro sistema tributario tassando progressivamente i redditi da capitale e i super-patrimoni, sgravando corrispondentemente i redditi da lavoro e da impresa bassi. Una volta risanato il bilancio, riformate banche e borsa, rivisti gli accordi di Maastricht e del WTO, diventa possibile: i)varare idonee scelte keynesiane anti-crisi, potenziando il welfare e varando le piccole opere nonché un piano di risanamento progressivo del nostro patrimonio idrogeologico, l)al medesimo fine, abolire il precariato, ridurre progressivamente l’orario di lavoro e pilotare il recupero graduale dell’ISTAT non rilevata fino ad oggi su retribuzioni e pensioni (circa 70% di potere d’acquisto in meno in 25 anni). m)frenare la inflazione indotta dallo “strozzo” dell’offerta al salire della domanda praticato dai trust a fine di extraprofitto da oligopolio, introducendo il calmiere all’ingrosso e idonei controlli anti-trust, e svalutando l’euro dell’eventuale differenziale di inflazione residuo. In alternativa, non resta che proporre la secessione valutaria dei PIIGS, il cui interesse ad aderire a un simile progetto è massimo, o, ancora, dei singoli paesi preunitari che vi aderiranno, previa reintroduzione della propria moneta nazionale. www.circolodegliscipioni.org LO “SPREAD” E IL GOVERNO MONTI Oggi giganteschi interessi creditizio-finanziari sono alleati per impedire la riforma dell’architettura creditizio-finanziaria internazionale e il ridimensionamento del banchetto che viene operato ai danni degli stati e del mondo del lavoro in tutto l’occidente capitalistico, prima, e in tutto il mondo, poi. Nel momento in cui i bond vengono venduti al migliore offerente in un mercato al quale per regolamento partecipano solo pochi operatori istituzionali e nel quale è consentito scommettere contro lo spread quantità industriali di denaro preso a credito, il prezzo d’asta dei bot è determinato dalle “bizze” (isteriche e premeditate) della speculazione: quando il rischio insolvenza viene stimato in crescita, infatti, sale corrispondentemente la quotazione dei Credit Default Swap, ovvero delle assicurazioni sulla insolvenza statale di quel determinato bond, e questo comporta la crescita parallela del suo prezzo d’asta, che è pari alla somma tra il prezzo del bond di riferimento (oggi, il bund tedesco) più il prezzo del cds che in quel momento assicura ogni altro bond della UE contro l’insolvenza dello stato che lo emette (popolarmente chiamato “spread”). Gli operatori internazionali che acquistano i bond possono a quel punto scegliere tra comprare al prezzo d’asta e assicurarsi contro il default al prezzo del giorno del suo cds, oppure non assicurarsi e lucrare in proprio lo spread. Di qui anche l’interesse delle banche a scommettere “contro” lo spread e perfino contro sé stesse in quanto titolari di bond “screditati”, onde lucrare uno spread sempre maggiore che sanno in realtà privo di fondamento! Per farlo, contano sulla complicità attiva delle agenzie di rating, di cui peraltro detengono la proprietà, sulla copertura omertosa della scienza, che controllano attraverso le ricche commesse universitarie e la gestione della intera piramide distributiva della ricchezza all’interno del mondo della cultura, nonché su quella dei media, che posseggono direttamente, e dei politici, che controllano tenendoli a libro-paga, ricattandoli con la magistratura e fidelizzandoli con la loro integrazione nel sistema piramidale delle corruttele politico-amministrative o a gratis, perché semplicemente “utili cretini” egemonizzati culturalmente. Come fare, allora, per comprimere l’interesse da noi pagato sui bot attraverso un prezzo d’asta di 92 anziché 98? Dovremmo modificare la norma statutaria che vieta alla BCE di fare prestiti diretti ai vari Tesoro, ma per farlo ci dovremmo scontrare, da un lato, contro le banche che partecipano al lauto “banchetto” lucrando in proprio lo spread, con la Goldman Sachs e gli altri colossi bancari USA che emettono i cds speculativi, ovvero le scommesse rialziste sullo spread, e con la BCE spa, che guadagna l’1,25% su ogni euro che prima crea elettronicamente dal nulla e poi presta alle banche perché possano acquistare i nostri bot a 92, dividendo poi questo bottino con le varie banche centrali, che, a loro volta, lo dividono poi pro quota con le banche private e gli stati loro azionisti! Dall’altro lato, ci scontreremmo con la scienza, i media ed i politici soggetti agli interessi di questo mondo parassitario, che combattono per lui sul fronte delle idee la stessa lotta che quel mondo combatte nella materialità delle cose sul fronte della realtà sociale, economica e politica. Ecco perché si legge così spesso che prestiti diretti dalla BCE spa agli stati non vanno bene perché incoraggerebbero il lassismo e il pompaggio clientelare delle spese pubbliche! Perchè per gli ambenti creditizio-finanziari è meglio distruggere l’intera economia occidentale in nome del “rigore” finanziario con una spaventosa spirale deflattivo-recessiva che ammettere egoismi di classe tanto inammissibili quanto rovinosi per l’intera società civile! Ecco le alternative che si offrono al governo Monti, il più politico dei governi pensabili, il governo delle banche, degli speculatori e dei ceti possidenti: 1)ammettere che non si può fare nulla per bloccare una speculazione che viaggia su pretesti e non su cause, tranne che vietare la speculazione stessa, e, ancora, che non c’è nulla che gli ambienti creditizio-finanziari e parassitari vogliono che si faccia perché le uniche cose che servirebbe fare sono contro di loro e contro i loro interessi materiali e ideologici. Il che spiega bene anche il non affrettarsi a fare un bel nulla da parte del governo Monti, poiché davvero non c’è nulla che un governo possa fare per impedire alla gigantesca massa speculativa (che è stata messa in campo contro quel paese dai grossi gruppi internazionali) di “realizzare la sua profezia”, prima di cambiare “vittima”. 2)fare comunque qualcosa di ciò che tutti si aspettano che faccia, giusto per depistare chi altrimenti mangerebbe la foglia, ma senza esagerare, onde non scatenare la piazza ed anzi confondendola con mosse demagogiche e sostenendo che più un governo è autorevole perché “tecnico” e più gode della fiducia dei mercati, con la conseguenza che minori sono a quel punto le scelte dolorose che si vede costretto ad adottare per “rassicurare” i mercati. Il che spiegherebbe perché il governo Monti potrebbe rivelarsi il 5 dicembre una sorta di “montagna che partorisce un topolino”, limitandosi a varare una finanziaria analoga a quella che avrebbe varato sotto mille pressioni il governo Berlusconi, se non più blanda ancora. 3)approfittare della grande fiducia di cui gode sotto il profilo “tecnico” e varare una finanziaria poco recessiva, se non perfino blandamente espansiva, “coperta” demagogicamente dall’allungamento della età pensionabile, dalla reintroduzione dell’ICI e da una mini-patrimoniale. In ogni caso, dovremo fronteggiare bugie su bugie, intervallate da “lacrime e sangue” piuttosto che “sacrifici”, sempre sui soliti, a seconda delle fasi. Per uscire da questo lento regredire dell’occidente capitalistico, che diventa sempre più ingiusto e invivibile man mano che passa il tempo, e per scongiurare alla fine il suo crollo definitivo, non resta dunque che diffondere la conoscenza corretta sulle cose economiche e chiamare i popoli alla riforma della architettura creditizio-finanziaria, del sistema tributario e dei rapporti internazionali, da impostare sul controllo democratico di moneta, banche e borsa, sul pareggio tendenziale dei rispettivi import-export e sulla giustizia fiscale. Chiamare, dunque, ad una alleanza tattica il profitto e il salario contro la rendita parassitaria, con rinvio della resa dei conti a quando saranno eliminati gli ultimi residui di feudalesimo creditizio-finanziario. E sono possibili solo tre soluzioni: 1)la conforme riforma del trattato di Maastricht per creare finalmente una Europa “dei popoli” in luogo di quella Europa “della finanza” nata nel ‘92; 2)la secessione valutaria dei PIIGS; 3)la introduzione di simili riforme a livello del singolo paese o dei singoli paesi che aderiscono a un simile progetto. www.circoldegliscipioni.org
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  • Last modified on Saturday, 17 May 2014 15:53